Il reato di mafia e le aggravanti per delitti connessi ad attività mafiose

L'accertamento delle condizioni per l'applicazione commutativa 

Nelle grandi operazioni anti-mafia capita frequentemente che a un medesimo soggetto fanno riferimento diversi capi d'imputazione riguardanti sia il reato di appartenenza ad un'associazione mafiosa (art. 416 bis) sia il reato di estorsione (art. 629 c.p.) aggravato dall'appartenenza ad un'associazione mafiosa (art 628 c. 3 n.3) aggravato, ulteriormente, dall'utilizzo del metodo mafioso (art. 7 d.l. 152/91).

Potrebbe facilmente sorgere il dubbio di un concorso di norme e di una violazione del principio ne bis in idem. La questione è stata affrontata e risolta dalle Sezioni Unite delle Corte di Cassazione con la sentenza n.10 nel 2001. Un'attenta analisi delle varie fattispecie criminali menzionate servirà per chiarire e dimostrare la loro compatibilità.

1. A un soggetto imputato di partecipazione ad un'associazione di stampo mafioso (ex art. 416 bis c.p.) possono essere applicate le circostanze aggravanti per reati connessi ad attività mafiose (art. 7 d.l. 152/91)?

Per risolvere tale quesito è necessario, innanzitutto, considerare che la condotta sanzionata dall'art. 416 bis c.p. consiste nell'essere inserito stabilmente (sia da semplice partecipante che da promotore o capo) in un sodalizio mafioso e nell'arrecare un contributo di un qualche rilievo ai fini dello scopo comune, il quale è rappresentato dalla commissione di un numero indeterminato di delitti, dall'acquisizione della gestione o del controllo di attività economiche, dal conseguimento di ingiusti profitti ovvero dall'incidere indebitamente sul diritto di voto; in tale senso, l'art 416 bis c.p. si configura come un reato-mezzo attraverso il quale i membri perseguitano tali obiettivi avvalendosi della forza intimidatrice che promana dal vincolo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva.

Il metodo mafioso descritto dalla norma in questione si concretizza, dunque, in un patrimonio sociale e in una caratteristica dell'azione del gruppo. Il metodo mafioso così inteso caratterizza il fenomeno associativo (e il vincolo che ne deriva) e permane indipendentemente dalla commissione dei vari reati fine. Se imputato dell'art. 416 bis c.p., quindi, l'associato risponde di un contributo permanente allo scopo sociale ove il dolo specifico è rappresentato dal perseguimento dei fini sociali che prescinde dalla commissione dei singoli delitti.

Tale condotta mafiosa si distingue da quella delineata dall'art 7 del d.l. 152/91 che si riferisce, invece, al momento specifico della commissione dei singoli reati-fine. Detta norma sancisce che "per i delitti punibili con pena diversa dall'ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, la pena è aumentata da un terzo alla metà." L'aggravante si articola dunque in due differenti forme, pur logicamente connesse: l'una a carattere oggettivo, costituita dall'impiego del metodo mafioso nella commissione di singoli reati, l'altra di tipo soggettivo, che si sostanzia nella volontà specifica di favorire ovvero di facilitare, con il delitto posto in essere, l'attività del gruppo.

Dato che l'impiego del metodo mafioso caratterizza un concreto episodio delittuoso, risulta essere solamente eventuale, ben potendo succedere che un associato attui una condotta penalmente rilevante, pur costituente un reato-fine, senza avvalersi del potere intimidatorio del clan. Quando l'associato utilizza invece il suddetto metodo mafioso si configura una condotta distinta dal summenzionato metodo mafioso quale patrimonio sociale del gruppo e contributo permanente allo scopo sociale.

Dalla norma che disciplina l'aggravante in questione si desume, inoltre, che l'aggravante è caratterizzata dalla semplice volontà di favorire, indipendentemente dal risultato, l'attività del gruppo. Ciò non coincide con il dolo specifico dell'art. 416 bis che, come detto, è rappresentato dal perseguimento dei fini sociali.

Per tali differenze la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui “l'aggravante prevista dall'art. 7 d.l. 152/91, in entrambe le forme in cui può atteggiarsi, è applicabile a tutti coloro che, in concreto, ne realizzino gli estremi, siano essi partecipi di un qualche sodalizio mafioso, siano essi estranei ed in particolare, per i soggetti qualificati, la stessa è operante anche per i reati fine”.

Non si configura, in conclusione, una violazione del ne bis in idem tra le due condotte.

2. Un soggetto a cui viene addebitato, con riferimento ad una estorsione, l'aggravante dell'appartenenza ad un'associazione mafiosa, prevista dall'art. 628 c.3 n.3 c.p. può rispondere contemporaneamente anche dell' aggravante dell'art. 7 d.l. 152/91 ?

Avendo chiarito che un associato può rispondere di un reato-fine aggravato dall'utilizzo del metodo mafioso senza che si configuri un concorso di norme, rimane ancora da chiarire la compatibilità tra tale aggravante e quella richiamata dall'art. 629 c.2 relativa all'appartenenza dell'imputato ad un'associazione mafiosa.

L'aggravante di cui all'art 628 c. 3 n.3 si applica quando la violenza e/o la minaccia del reato fine (in questo caso l'estorsione) sono poste in essere da un soggetto facente parte di un'associazione mafiosa. Tale circostanza si distingue dal metodo mafioso ex art.7 del d.l. 152/91: l'aggravante dell'art. 628 individua infatti una “circostanza di posizione” in cui l'appartenenza all'associazione rileva come fatto storico a prescindere dal metodo utilizzato nella commissione del singolo reato fine. E' necessario considerare, infatti, che soggetti affiliati ad un a gruppo criminale mafioso possono compiere delle estorsioni senza necessariamente porre in essere il comportamento di cui all'art 7 d.l. 152/91.

Avendo chiarito questo, la questione della compatibilità dell'aggravante di cui all'art. 7 viene, in definitiva, a porsi nuovamente in relazione all'art. 416 bis c.p.

Per tale ragioni la Suprema Corte ha affermato anche il principio per cui “in tema di estorsione la circostanza dell'art. 7 può concorrere con quella di cui all'art 628 c. 3 n. 3”.

articolo redatto dalla Dott.ssa Giulia Heuser

Tag: Diritto Penale, mafia e aggravanti finalità/metodo mafioso



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